AHIMSA: IO SCELGO DI NON FERIRE
Quando si pensa allo Yoga, a tutti viene in mente una posizione rilassante, mantenuta per ore, nella più beata pace… Poi si inizia a praticare yoga, e allora diventa una ricerca alla posizione più stramba da mantenere, possibilmente che venga fuori anche fotogenica che su Instagram spopola… ma davvero il mondo dello yoga si riduce a questo? Ovviamente no!
Oggi voglio parlarvi di un altro pezzo dello yoga, un pezzo che non è fatto da posizioni, ma da vita vissuta nel quotidiano, portando lo Yoga, l’Unione, nei piccoli gesti. Dietro alle posizioni dello yoga c’è un ricco mondo fatto di filosofia, regole etiche, alimentazione, meditazione, respirazione, gestione della propria energia e molto altro.
In questo articolo affronteremo la prima delle regole d’oro, una sorta di dieci comandamenti dello Yoga. Si tratta di Yama e Nyama, le due radici su cui tutto lo yoga poggia. In italiano potremmo tradurle come astinenze e osservanze. Non sono regole, non sono consigli, sono piuttosto la scelta di una stile di vita volto al bene di tutto il Mondo. Yama e Nyama sono formati da 5 passi ciascuno. Nei prossimi articoli cercheremo di affrontarli tutti così da avere un quadro completo e arricchire la nostra conoscenza e la nostra scelta di vita.
Yama è la prima radice, ci parla dei comportamenti principalmente rivolti verso l’esterno. Come ci rapportiamo noi al mondo? Come ci presentiamo, cosa facciamo? Che contributo diamo al benessere del pianeta e dei suoi abitanti?
La prima diramazione di Yama è Ahimsa, la non violenza. Letteralmente Ahimsa significa “non ferire” e trovo che sia un termine molto appropriato per comprendere il senso di questa astinenza. Che cosa ci viene in mente quando pensiamo alla non violenza? Ci sentiamo persone violente? Probabilmente no, di certo non ci mettiamo a fare a botte con qualcuno. Eppure la violenza può avere infinite sfumature. Ecco perché preferisco tradurlo come “non ferire”, perché rende meglio l’idea su quante volte, anche inconsapevolmente, stiamo in realtà ferendo gli altri e noi stessi.
Per non ferire, per non essere violenti ,occorre prima di tutto presenza e attenzione a ogni nostro gesto, pensiero e parola. E occorre estrema attenzione anche all’altro, ci vuole ascolto, empatia, connessione.
Quante volte compiamo scelte che non ci piacciono e che ci fanno male solo per accontentare le aspettative altrui? Quante volte ci abbuffiamo di cibo anche se non abbiamo fame, solo per riempire uno spazio vuoto? Quante volte tacciamo i nostri sentimenti e le nostre emozioni e proseguiamo nelle cose da fare senza permetterci di vivere quello che proviamo? Quante volte ci trascuriamo? Quante volte portiamo il nostro corpo allo stremo? Ogni volta che ci provochiamo delle ferite, nel corpo e nell’animo, non stiamo rispettando Ahimsa.
E quante volte, verso gli altri, presi da lavoro e impegni, ci dimentichiamo di donare un po’ di attenzione a chi amiamo? Quante volte passiamo sgarbatamente davanti a una persona senza nemmeno guardarla negli occhi? Quante volte ignoriamo chi sta chiedendo aiuto? Quante volte facciamo finta di non vedere il male nel mondo perché tanto non ci tocca da vicino? Ogni volta che qualche essere del mondo viene ferito dal nostro comportamento, non stiamo praticando Ahimsa.
E ora dopo queste riflessioni torno a porre la domanda iniziale: sono una persona violenta? Forse la nostra risposta rispetto a prima cambia un pochino… forse non scatta il NO secco come risposta, forse ci prendiamo un po’ più di tempo e la risposta è tentennante…
Come poter vivere dunque Ahimsa nella propria vita quotidiana? Di certo non occorre essere tutti santi. Non ci sarebbe possibile, siamo esseri umani e come tali possiamo sbagliare ed essere imperfetti. Tuttavia quello che conta è soprattutto il nostro intento, il nostro impegno volto a essere persone migliori.
Praticare Ahimsa dunque significa rispetto verso il proprio corpo, riconoscendolo come tempio sacro. Significa dunque mangiare sano, fare movimento, prenderci cura di noi. Significa accettare e permettersi di vivere le proprie emozioni. Significa seguire la propria essenza senza piegarsi al volere altrui, ma mostrando la bellezza del nostro tesoro interiore.
Ahimsa significa anche saper volgere lo sguardo verso gli altri, capendo che non siamo soli a questo mondo e siamo gli uni responsabili degli altri. Significa fare attenzione alla sensibilità altrui. Significa non ignorare, ma esseri presenti per aiutare chi ha bisogno di noi. Ahimsa ci fa dire “io scelgo di non ferire”, e questo significa inevitabilmente scegliere la via dell’amore, della gentilezza, dell’attenzione verso il prossimo e verso noi stessi.
Ahimsa può significare anche scelte coraggiose e importanti, come il veganesimo, il volontariato, donazioni di denaro, attivismo per il benessere del pianeta, organizzazioni no profit per il benessere comune… Ma Ahimsa sta anche nei piccoli gesti, come il prenderci cura di un animale randagio lasciando fuori dalla porta del cibo e una cuccetta, significa sorridere alla cassiera del supermercato guardandola negli occhi, significa telefonare alla mamma che non sentiamo da giorni solo per dirle che le vogliamo bene, significa concedersi un bagno caldo a fine giornata… Scegliere di vivere secondo Ahimsa significa vivere ogni gesto , pensiero e parola con estremo Amore.
Il quaderno degli esercizi
Scelgo di dedicare una intera giornata alla pratica consapevole di Ahimsa. Presto attenzione a me stesso e agli altri, premurandomi di non ferire niente e nessuno. A fine giornata annoto le mie sensazioni, mi chiedo come sto, prendo nota dei pensieri che mi hanno accompagnato. È stato facile o difficile? Quali sono state le maggiori difficoltà? Come posso superare questi problemi che ho riscontrato? Mi sento felice? Cosa provo? Nei giorni successivi che sensazioni ho provato?
Possiamo ripetere questa giornata tutte le volte che vogliamo, dapprima saltuariamente cercando poi di riprodurre questo tipo di giornata il più spesso possibile.