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IL FLAUTO MAGICO: UNA SIMBOLOGIA ANCORA ATTUALE


L’opera mi ha sempre affascinata, da bambina i miei nonni mi hanno portato diverse volte a teatro, dove venivo trasportata dalla magia degli strumenti, delle voci, degli abiti, delle scenografie… Così oggi, ispirata da un libretto che hanno regalato ai miei bimbi e sulla linea delle riflessioni del lavoro una amica (trovate i suoi riferimenti infondo all’articolo), voglio parlarvi del Flauto Magico. Bene o male ne abbiamo tutti sentito parlare, ma ben pochi conoscono la ricca simbologia di questa magnifica opera di Mozart. Potremmo scriverne libri interi, cercherò di essere sintetica, ma chiara il più possibile!


Il Flauto Magico non è solo una fiaba per bambini, potremmo dire che rappresenti un viaggio: l’evoluzione di un ragazzo, ingenuo e inesperto, verso il mondo dell’uomo adulto, saggio e sapiente. O ancora potemmo vederci un cammino iniziatico, che dalle ombre della notte e dell’inganno porta verso la luce del sole e della sapienza. Una cosa è certa, la simbologia è tanta, ma non dobbiamo stupircene visto che Mozart era stato iniziato alla Massoneria. Temi esoterici, riferimenti magici, simbologie misteriose saranno allora i temi portanti che potremo ritrovare in quest’opera.


Una fiaba che è stata definita il testamento spirituale di Mozart, un’opera scritta giusto poco prima di morire, come davvero a voler affidare le sue sagge conoscenze a chi si sarebbe cibato della sua musica. Ma entriamo nel vivo dell’opera, che non riassumerò nel dettaglio, ma dalla quale faremo emergere i punti principali.


L’opera inizia con tre squilli di tutta l’orchestra. Lo trovo un inizio davvero favoloso, come una sorta di toc toc al nostro inconscio. L’opera chiede il permesso di entrare dentro di noi, attira la nostra attenzione e ci prepara a un magico viaggio


Tutto ha inizio in Egitto (terra magica e di antiche conoscenze per eccellenza) quando Tamino, giovane principe, si trova in difficoltà inseguito da un Drago. A salvarlo sono tre Dame, della corte della Regina della Notte, ma è Papageno che vorrebbe prendersi il merito dell’impresa. Papageno è una sorta di uccello, una specie di giullare, un uomo libero e senza schemi, che ama la materialità. Mi viene in mente la figura del Matto dei Tarocchi, è proprio così che ci appare Papageno, con i suoi magici campanelli. Papageno e Tamino diventano subito amici, alleati e potremmo dire che, simbolicamente, rappresentano due parti di noi. Una più libera, selvaggia, perfino menefreghista e l’altra più saggia, determinata, in evoluzione… Tamino per me è il Mago dei Tarocchi.


Le tre Dame mostrano a Tamino il ritratto di Pamina, figlia della Regina della Notte, Astrifiammante, che è stata rapita da demone malvagio. Possiamo rivedere in questa coppia madre- figlia il mito di Demetra e Persefone, rapita da Ade. Inutile dire che, al solo vederne l’immagine, il cuore del principe è già stato conquistato dalla bellezza della fanciulla e non ha dubbi: lui andrà a salvarla! Papageno, suo fedele compagno di avventure, andrà con lui e a Tamino viene fornita un’arma speciale: un flauto magico. Ne avrebbe scoperto il potere non appena avesse deciso di utilizzarlo.


Dobbiamo qui fare una premessa, che risale a una sorta di scena immaginaria prima dell’opera. La Regina della Notte è una dea Lunare, rappresenta tutti i principi femminili, di oscurità e tenebre. Suo sposo era il Re del Sole, principio maschile di energia e solarità. Entrambi avevano dei punti dolci, costruttivi e buoni. Così come caratteristiche distruttive. Le due forze, però, avevano trovato una sorta di equilibrio. Non si amavano, ma avevano deciso di collaborare per il bene di entrambi. Alla morte del Re egli donò il suo “scettro magico”, il Cerchio del Sole dai sette raggi, a Sarastrato, un sommo sacerdote di una confraternita solare. È quello scettro che ora la Regina della Notte vuole, per regnare incontrastata su tutti i mondi.


Torniamo alla nostra storia, Tamino e Papageno vengono guidati verso il castello di Sarastrato da tra fanciulli, delle sorte di genietti. Il primo a entrare nel castello, furtivo, è Papageno, che una volta trovata Pamina e informatala del piano, tenta con lei la fuga. Tamino nel frattempo si trova davanti a tre porte: il Tempio della Natura a sinistra, il Tempio della Ragione a destra e il Tempio della Sapienza al centro. Scartate le porte laterali, dopo aver bussato al Tempio della Saggezza, Tamino si trova davanti un sacerdote. I due parlano con serenità: lui sta cercando Pamina, rapita da un uomo malvagio. Tamino si rifà a quello che la Regina gli aveva detto, disegnando Sarastrato come un demone spregevole. Si trova però davanti a un saggio che descrive invece il suo capo come un uomo di grande saggezza, che non fa mai nulla per cattiveria e che anzi ha sempre uno scopo, anche nel rapire la ragazza. Tamino è alquanto sconcertato. È un momento di contrasto tra ciò che conosceva (dettato da influenze esterne) e ciò che ora gli viene raccontato. Quale sarà la verità?


Entra in scena l’oggetto della discussione: Sarastrato. Un carro trionfale con leoni lo porta al centro della scena e al suo cospetto vengono portati Pamina e Tamino, catturato da Monostrato. I due si incontrano per la prima volta e tra loro scatta subito l’amore. C’è un legame speciale che li unisce, e lo spiega Sarastrato stesso, che libera il giovane principe cacciando via il servo Monostrato che aveva dimostrato cattiveria nei confronti dei suoi ospiti. Il nuovo Re del Sole spiega che ha rapito la giovane per toglierla dalle cattive grinfie della madre e permetterle di trovare colui che le è destinato. Tutto è stato fatto per l’incontro tra loro, ma Tamino avrebbe prima dovuto superare tre prove. Lo avete notato quante volte è già comparso questo numero? Il tre è da sempre considerato un numero magico, spirituale, legato alla simbologia della piramide: è un numero divino, che annuncia la capacità di elevazione dell’uomo verso lo spirito. Un numero sacro. Nell’opera viene ripetuto così tante volte che non possiamo proprio non notarlo!


Tamino, assieme al fedele amico Papageno, inizia le sue prove. La prima prova richiede di rimanere in silenzio, qualsiasi cosa accada. Siamo nella notte, è buio e la prima prova ci trasporta direttamente a contatto con il nostro inconscio. Per elevarci dobbiamo prima di tutto essere capaci di estraniarci e ascoltarci. Papageno non supera la prova, lui rappresenta la nostra parte debole e arrendevole. Ma Tamino resiste e può accedere alle prove successive. Nella seconda prova si trova a dover attraversare i sotterranei del Tempio. Siamo entrati nel nostro mondo interiore e ora dobbiamo proseguire il viaggio con coraggio e determinazione. Dobbiamo lasciare da parte la paura di ciò che potremmo incontrare e camminare certi di quello che troveremo alla fine: la luce della speranza. A condurre Tamino alla terza prova è Pamina stessa. La terza prova è strettamente collegata ai quattro elementi, dove si deve affrontare una purificazione attraverso acqua, fuoco, aria e terra. È la donna, il principio femminile a condurre l’uomo a contatto con la natura. Un chiaro indizio di come il femminile sia strettamente connesso con la natura selvaggia, incontaminata, coi cicli della vita… In questo mondo è dal principio femminile che il principio maschile si deve lasciar guidare. E qui già iniziamo a vedere il senso di tutta l’opera. È a questo punto che Pamina spiega la magia del flauto che è stato donato a Tamino: è stato intagliato da suo padre, il Re del Sole, in un’ora magica della notte mentre il cielo era in tempesta. In questa unione di opposti è stato forgiato il flauto. Mentre Tamino lo suonava il flauto poteva creare una piramide, una sorta di scudo energetico che proteggeva i due innamorati dagli eventi esterni. La piramide è una simbologia molto presente nella massoneria, e legata alla simbologia del 3 di cui abbiamo parlato. Ma io ci vedo anche il senso del cerchio qui: la melodia del flauto diventa materia, forma uno scudo, un luogo sacro dove la magia può compiersi. Quale magia? La forza dell’unione: l’amore!


Astrifiammante, assieme a Monostrato, tenta ancora di sabotare tutta l’iniziazione, tenta di convincere la figlia a uccidere Sarastrato, ma l’uomo le spiega come sia l’Amore e non la vendetta a condurre verso la felicità. È un terremoto a inghiottire nella terra tutti i cattivi della situazione, distruggendo di fatto e definitivamente l’antica rivalità tra i due Regni del Sole e della Notte. L’antica generazione finisce, sparisce e anche Sarastrato sa che il suo tempo è giunto a termine. Ora c’è una nuova generazione, che ha fatto dell’Amore il suo punto di unione, pronta a succedere. Il femminile e il maschile si uniscono armoniosamente, ed è solo allora che il Bene trionfa, torna la Luce e può essere scritta la parola FINE.


Un’opera dunque che può essere letta a diversi livelli. C’è l’evoluzione del conflitto tra ciò che appare e ciò che è. C’è un cammino di ricerca della Verità. C’è un percorso iniziatico di elevazione. C’è l’amore e l’unione degli opposti. C’è l’importanza dell’equilibrio. C’è la ciclicità del Giorno e della Notte, della Vita e della Morte. Siamo tutti un po’ Tamino-Papageno, partiamo alla ricerca delle nostre verità interiori, affrontiamo il buio della nostra notte, passiamo attraverso le prove della vita e solo alla fine comprendiamo il senso di tutto quello che abbiamo passato, ritrovando l’armonia nell’equilibrio dei nostri opposti. Finché li faremo lottare, ci spiega la fiaba, non potremo che ritrovarci in inutili lotte, rivalse, vendette… è quando facciamo dell’Amore la nostra forza che possiamo davvero vincere.


Trovo che sia l’opera perfetta per accogliere questa Primavera. Dopo il buio dell’inverno (iniziato con Samhain), che ci ha inevitabilmente portato nel nostro inconscio, a combattere coi nostri demoni e con le nostre difficoltà ecco che, con Imbolc, abbiamo affrontato le prove di purificazione e ora Ostara ci invita a riemergere nella Luce dell’unione. Siamo pronti ad accogliere le energie di Beltane, dove maschile e femminile si uniscono per dare frutto. La Ruota gira, noi siamo pronti a danzare con lei, lasciandoci fluire? Il flauto in quest’opera diventa lo strumento per creare il luogo adatto dove incontrare i principi delle forze opposte dentro di noi. Diventa non solo un mezzo per leggersi dentro, ma anche per fare silenzio (le musiche con il flauto sono favolose per la meditazione), per entrare nella dimensione sacra (è spesso utilizzato nelle culture antiche per i viaggi sciamanici) e per compiere la magia suprema dell’Amore. L’augurio dunque è che in questa rinascita di primavera ognuno possa trovare il suo flauto magico, quel mezzo che gli permette di trovare la propria dimensione Sacra.


Ispirata da: Il flauto, strumento magico di Il Tempio Sacro (clicca qui per tutte le info)

e dal libretto musicale “Il mio piccolo Mozart” di Gallucci Editore

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